Carme in morte di Carlo Imbonati
Un cameo raffigurante l'Imbonati
È un componimento in endecasillabi sciolti, scritto da Manzoni nel 1805 in occasione della morte di Carlo Imbonati (il nobile che conviveva con la madre Giulia Beccaria a Parigi, dove il giovane Alessandro si trasferì subito dopo). Il carme è una sorta di dialogo morale con l'Imbonati, che aveva avuto come precettore Parini (questi gli aveva dedicato l'ode L'educazione) e che intendeva proseguirne l'impegno morale: per il giovane Manzoni diventa una sorta di maestro di vita e di letteratura, in modo assai simile a Parini stesso la cui influenza sul pensiero dello scrittore sarà sempre molto importante. Manzoni immagina che l'Imbonati gli appaia in una sorta di visione notturna e, dopo uno scambio di battute in cui i due esprimono la stima reciproca e il dolore per la forzata separazione, il giovane Alessandro chiede al defunto Carlo di indicargli la strada da percorrere per giungere alla gloria poetica: l'anima dell'antico maestro risponde che dovrà meditare profondamente, accontentarsi di poco, mantenere la purezza della mente e delle azioni, non asservirsi ai potenti, e, soprattutto, non tradire mai il "santo Vero", né pronunciare mai una parola "che plauda al vizio, o la virtù derida". In sostanza Manzoni affida all'Imbonati i termini essenziali della sua poetica e della sua vita morale, poi espresse in gran parte della sua produzione letteraria e che preludono alla successiva conversione religiosa, che evidentemente già maturava in quegli anni. Il testo risente ancora della formazione settecentesca e neoclassica di Manzoni e in alcuni passaggi eccede un poco in retorica, il che si spiega anche con la giovane età dell'autore che negli anni seguenti porterà a compimento un processo di maturazione stilistica e poetica (del 1809 è ancora il poemetto neoclassico Urania, che in seguito Manzoni avrebbe impietosamente rinnegato).