Il console del paese dei due promessi
F. Gonin, I bravi minacciano il console
È il magistrato minore che amministra l'ordine pubblico e la giustizia nel paesino di Renzo e Lucia, con poteri simili a quelli di un odierno sindaco anche se molto più limitati: compare nel cap. VIII, quando il sacrestano Ambrogio durante la "notte degli imbrogli" suona le campane a martello per richiamare la popolazione alla casa di don Abbondio, in seguito al fallito stratagemma del "matrimonio a sorpresa". Il console tenta di mettersi alla testa dei paesani, sia pure in modo poco organizzato e con scarsa convinzione, al punto che inizialmente sembra pronto a gettarsi all'inseguimento dei bravi che si sono introdotti nella casa di Agnese e Lucia, poi però non fa nulla quando si sparge la voce, ovviamente infondata, che le due donne sono al sicuro in una casa e lascia che la folla si disperda. Il giorno seguente, mentre è intento a vangare l'orto e a riflettere sul da farsi dopo gli avvenimenti della notte, riceve la visita di due bravi mandati dal Griso che gli intimano di non rivelare nulla di quanto avvenuto la notte precedente e di non farne parola al podestà, se gli preme di morire di malattia (l'autore osserva che i due sgherri potrebbero essere gli stessi che cinque giorni prima avevano minacciato don Abbondio, anche se questa volta hanno un atteggiamento meno cerimonioso). Il console viene ancora citato di sfuggita nel cap. XI, quando don Rodrigo ordina al Griso di mandare qualcuno a minacciarlo (come già narrato nel cap. VIII) e quando la cosa è riferita in seguito dallo stesso signorotto al conte Attilio. Compare ancora nel cap. XVIII, quando accompagna il podestà e i birri alla casa di Renzo, per perquisirla in quanto il giovane è ricercato dalla giustizia in seguito al tumulto di S. Martino.