Il Griso
F. Gonin, Il Griso
È il capo dei bravi di don Rodrigo, al quale il signorotto affida incarichi delicati e commissiona imprese rischiose, come quella di rapire Lucia nella prima parte del romanzo: entra in scena nel cap. VII, quando si intrufola in casa di Lucia e Agnese travestito da mendicante per guardare in giro e curiosare, senza che venga svelata la sua identità (in seguito l'autore spiegherà con un flashback che l'uomo ha effettuato il "sopralluogo" in vista del tentativo di rapimento che si svolgerà la sera stessa). Di lui non c'è una precisa descrizione fisica e del suo passato ci viene spiegato che, dopo aver assassinato un uomo in pieno giorno, si era messo sotto la protezione di don Rodrigo e aveva guadagnato l'impunità grazie alle aderenze del nobile, per cui è diventato l'esecutore di tutte le malefatte che gli vengono commissionate ("Griso" è certamente un soprannome e in dialetto lombardo significa "grigio", con probabile allusione al carattere sinistro e tetro del personaggio). Viene presentato come uno dei personaggi più odiosi del romanzo, pieno di untuoso servilismo nei confronti del suo padrone e di una certa sicumera che però, alla prova dei fatti, non sempre corrisponde alle sue reali capacità; infatti fallisce l'impresa di rapire Lucia la "notte degli imbrogli" (VIII) e in seguito torna dal padrone con la coda tra le zampe (XI), venendo rimproverato per non aver mantenuto quanto aveva promesso con tanta saccenteria. Reagisce con una certa titubanza all'ordine di don Rodrigo di recarsi a Monza per prendere informazioni circa il convento in cui Lucia si è rifugiata, adducendo il motivo di una taglia che pende sulla sua testa in quella città e attirandosi nuovi rimproveri del padrone, che lo definisce un "can da pagliaio" (con allusione al suo poco coraggio); il bravo compie comunque la sua missione e riferisce poi al nobile dettagli più precisi circa il rifugio di Lucia (XVIII), mentre più avanti accompagna il padrone al castello dell'innominato (XIX-XX). Si accorge infine che don Rodrigo è ammalato di peste (XXXIII) e promette di chiamare un medico per curarlo, mentre in realtà si accorda con i monatti per far portare il padrone al lazzaretto e approfittare della situazione per derubarlo: l'avidità lo spinge a prendere i vestiti di don Rodrigo e a scuoterli per vedere se c'è del denaro, cosa che fa ammalare anche lui di peste (il giorno dopo si sente male, è caricato dai monatti su un carro dopo essere stato derubato a sua volta e qui muore prima di arrivare al lazzaretto). Il modo assai sbrigativo con cui la sua figura esce di scena è indicativo della bassezza morale e della piccolezza del personaggio, alla cui fine l'autore dedica poche righe a metà del cap. XXXIII.