Pier Paolo Pasolini
"Renzo proiezione nostalgica di Manzoni"
Pier Paolo Pasolini
In questa personalissima rilettura dei "Promessi sposi" il grande letterato e regista dedica alcune considerazioni a Renzo, protagonista maschile della storia che secondo lui non è altro che l'auto-identificazione dell'autore con un personaggio giovane e sano, per il quale Manzoni prova un'innata simpatia. Secondo tale interpretazione il romanziere dimostrerebbe una sorta di "omosessualità latente" che lo porta a trattare di Renzo in modo sempre poetico, diversamente dai personaggi femminili del romanzo che invece appaiono stereotipati e scarsamente attrattivi.
Pier Paolo Pasolini (1922-1975) è stato uno dei principali scrittori e cineasti italiani del secondo Novecento, animatore insieme ad altri della rivista "Officina" (1955-1959) e autore di romanzi dedicati alla vita violenta delle borgate romane. Poeta e giornalista, Pasolini fu intellettuale impegnato anche politicamente (era iscritto al PCI ed entrò in polemica con i vertici del partito) e dichiarò apertamente la propria omosessualità, creando scandalo nell'Italia del Dopoguerra. Come critico letterario ha dedicato vari studi a diversi autori della nostra tradizione, benché tale attività non fosse centrale nel complesso della sua opera. Morì assassinato a Roma, sul lido di Ostia, in circostanze che non sono state mai chiarite del tutto.
Pier Paolo Pasolini (1922-1975) è stato uno dei principali scrittori e cineasti italiani del secondo Novecento, animatore insieme ad altri della rivista "Officina" (1955-1959) e autore di romanzi dedicati alla vita violenta delle borgate romane. Poeta e giornalista, Pasolini fu intellettuale impegnato anche politicamente (era iscritto al PCI ed entrò in polemica con i vertici del partito) e dichiarò apertamente la propria omosessualità, creando scandalo nell'Italia del Dopoguerra. Come critico letterario ha dedicato vari studi a diversi autori della nostra tradizione, benché tale attività non fosse centrale nel complesso della sua opera. Morì assassinato a Roma, sul lido di Ostia, in circostanze che non sono state mai chiarite del tutto.
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Renzo è una figura espressa dallo "stile comico", e tale rimane, fino alle ultime pagine (solo proprio alla conclusione Renzo diventa un "padrone", e arricchisce approfittando di un bando governativo che permette di tener basso il salario degli operai. Questo sarebbe il reale lieto fine del romanzo! E qui, nelle ultime righe, Renzo diventa di colpo odioso, un piccolo ometto tutto pratico, un lombardo pieno di buon senso certo destinato a diventar moralista per difendere i suoi beni, esattamente come coloro che son stati alleati dei cinici potenti che l'hanno perseguitato). […] La figura comica di Renzo invece traspare e prende rilievo sull'unica zona neutra su cui si fondano i Promessi Sposi: una zona che non è definita né dal bene né dal male, ma è una mescolanza di bene e di male, una penombra ambigua, un'eterna sfumatura: è cioè l'"esserci" esistenziale, o, meglio ancora, la vita di ogni giorno, la quotidianità. La comicità benevola, mescolata a questo caos indefinibile e irrelato che è la vita comune, fa di Renzo una figura straordinariamente poetica.
Ma c'è dell'altro. Il Manzoni ha avuto tragici rapporti coi genitori, specie con la madre (cosa che l'ha costretto, fra l'altro, a passare lunghi anni in collegio). E' semplice per noi posteri, lettori di Freud, analizzare la conseguente nevrosi che è caratterizzata dall'eterna forma di complesso nei riguardi del sesso femminile (le vertigini che egli provava, solo se seduto su una sedia isolata, ne sono un sintomo "da laboratorio"): ciò non poteva che portarlo a una cristallizzazione della femminilità, condizione senza la quale sarebbe stato impossibile per lui pensare al rapporto sessuale. Anche tale cristallizzazione della femminilità ha caratteri schematici, classici, da laboratorio: da una parte la donna si cristallizza in Gertrude, la peccatrice che si deve ignorare e tener lontana da sé con orrore (oltre tutto essa, tanto per semplificare un eventuale caso di coscienza, è monaca, e la sua veste religiosa è una barriera decisamente invalicabile eretta dalla Censura): dall'altra parte, la donna si cristallizza in Lucia, l'immagine immacolata della giovane madre, che non può - è inconcepibile - avere rapporti con l'uomo (e infatti anche qui la Censura, oltre a tutta la serie di impedimenti, che costituiscono la trama del romanzo, erige una barriera benedetta da tutti i crismi: il voto di castità). A fiancheggiare tale rapporto così complicato col sesso femminile - come sempre in tali casi - non poteva non esserci una certa tendenza, inconscia e del tutto irrealizzata, sia pure, all'omosessualità. La vita sessuale - dice Freud - non è un fiume che scorre sul suo letto, ma è un rivolo di liquido vischioso, pieno di rami, di pozzanghere, e solo faticosamente il suo corso principale giunge al proprio sbocco.
L'omosessualità in Manzoni era evidentemente uno di questi corsi secondari, di queste pozzanghere: ma è sotto il suo segno che si svolge tutto il fitto intreccio di rapporti dei personaggi dei Promessi Sposi, Don Rodrigo e i bravi, Don Rodrigo e il Griso, Don Rodrigo e il cugino, il Cardinal Borromeo e l'Innominato, per non citare che i primi che vengono alla mente: ma se il lettore rilegge in questa chiave i Promessi Sposi vedrà che, una volta privilegiato e messo sull'altare il rapporto d'amore uomo-donna, tutti i rapporti che formano l'intreccio del libro sono caratterizzati da una strana intensità (fraternità o odio) omoerotica. Che del resto è naturale, e si trova in tutti i grandi romanzieri. Ma nei Promessi Sposi, in più, produce Renzo. Renzo è una proiezione nostalgica del Manzoni, una figura di figlio-padre quale egli non è mai stato né mai avrebbe potuto essere: una possibilità perduta per sempre nel mondo. Renzo è il simbolo della salute e dell'integrità. Questo amore per la gioventù solida e ben piantata di Renzo, ragazzo senza problemi, fa sì che il rapporto tra il Manzoni e il suo personaggio sia sempre poetico: le pagine in cui il Manzoni parla di Renzo traspaiono sul reale, si confondono col reale, hanno l'assolutezza del reale, e anche la sua sostanziale leggerezza. Il rapporto tra il Manzoni e Renzo, ricorda un po' quello di Ivan Il'ič nel racconto del Tolstoj con il suo giovane contadino: il ricco padrone malato trovava un po' di sollievo dal suo male solo nella presenza di un ragazzo, suo servo (ma divinamente sano, rozzo e giovane, e quindi libero da lui e da ogni altro padrone, imprendibile, "altro"). Nei momenti di crisi della sua malattia (probabilmente cancro) Ivan Il'ič faceva venire in camera sua il ragazzo, e appoggiava sulle sue spalle le gambe: in quella posizione si sentiva meglio, e si illudeva di guarire. Son certo che il Manzoni provava la stessa sensazione redigendo la sezione romanzesca di Renzo.
Renzo è una figura espressa dallo "stile comico", e tale rimane, fino alle ultime pagine (solo proprio alla conclusione Renzo diventa un "padrone", e arricchisce approfittando di un bando governativo che permette di tener basso il salario degli operai. Questo sarebbe il reale lieto fine del romanzo! E qui, nelle ultime righe, Renzo diventa di colpo odioso, un piccolo ometto tutto pratico, un lombardo pieno di buon senso certo destinato a diventar moralista per difendere i suoi beni, esattamente come coloro che son stati alleati dei cinici potenti che l'hanno perseguitato). […] La figura comica di Renzo invece traspare e prende rilievo sull'unica zona neutra su cui si fondano i Promessi Sposi: una zona che non è definita né dal bene né dal male, ma è una mescolanza di bene e di male, una penombra ambigua, un'eterna sfumatura: è cioè l'"esserci" esistenziale, o, meglio ancora, la vita di ogni giorno, la quotidianità. La comicità benevola, mescolata a questo caos indefinibile e irrelato che è la vita comune, fa di Renzo una figura straordinariamente poetica.
Ma c'è dell'altro. Il Manzoni ha avuto tragici rapporti coi genitori, specie con la madre (cosa che l'ha costretto, fra l'altro, a passare lunghi anni in collegio). E' semplice per noi posteri, lettori di Freud, analizzare la conseguente nevrosi che è caratterizzata dall'eterna forma di complesso nei riguardi del sesso femminile (le vertigini che egli provava, solo se seduto su una sedia isolata, ne sono un sintomo "da laboratorio"): ciò non poteva che portarlo a una cristallizzazione della femminilità, condizione senza la quale sarebbe stato impossibile per lui pensare al rapporto sessuale. Anche tale cristallizzazione della femminilità ha caratteri schematici, classici, da laboratorio: da una parte la donna si cristallizza in Gertrude, la peccatrice che si deve ignorare e tener lontana da sé con orrore (oltre tutto essa, tanto per semplificare un eventuale caso di coscienza, è monaca, e la sua veste religiosa è una barriera decisamente invalicabile eretta dalla Censura): dall'altra parte, la donna si cristallizza in Lucia, l'immagine immacolata della giovane madre, che non può - è inconcepibile - avere rapporti con l'uomo (e infatti anche qui la Censura, oltre a tutta la serie di impedimenti, che costituiscono la trama del romanzo, erige una barriera benedetta da tutti i crismi: il voto di castità). A fiancheggiare tale rapporto così complicato col sesso femminile - come sempre in tali casi - non poteva non esserci una certa tendenza, inconscia e del tutto irrealizzata, sia pure, all'omosessualità. La vita sessuale - dice Freud - non è un fiume che scorre sul suo letto, ma è un rivolo di liquido vischioso, pieno di rami, di pozzanghere, e solo faticosamente il suo corso principale giunge al proprio sbocco.
L'omosessualità in Manzoni era evidentemente uno di questi corsi secondari, di queste pozzanghere: ma è sotto il suo segno che si svolge tutto il fitto intreccio di rapporti dei personaggi dei Promessi Sposi, Don Rodrigo e i bravi, Don Rodrigo e il Griso, Don Rodrigo e il cugino, il Cardinal Borromeo e l'Innominato, per non citare che i primi che vengono alla mente: ma se il lettore rilegge in questa chiave i Promessi Sposi vedrà che, una volta privilegiato e messo sull'altare il rapporto d'amore uomo-donna, tutti i rapporti che formano l'intreccio del libro sono caratterizzati da una strana intensità (fraternità o odio) omoerotica. Che del resto è naturale, e si trova in tutti i grandi romanzieri. Ma nei Promessi Sposi, in più, produce Renzo. Renzo è una proiezione nostalgica del Manzoni, una figura di figlio-padre quale egli non è mai stato né mai avrebbe potuto essere: una possibilità perduta per sempre nel mondo. Renzo è il simbolo della salute e dell'integrità. Questo amore per la gioventù solida e ben piantata di Renzo, ragazzo senza problemi, fa sì che il rapporto tra il Manzoni e il suo personaggio sia sempre poetico: le pagine in cui il Manzoni parla di Renzo traspaiono sul reale, si confondono col reale, hanno l'assolutezza del reale, e anche la sua sostanziale leggerezza. Il rapporto tra il Manzoni e Renzo, ricorda un po' quello di Ivan Il'ič nel racconto del Tolstoj con il suo giovane contadino: il ricco padrone malato trovava un po' di sollievo dal suo male solo nella presenza di un ragazzo, suo servo (ma divinamente sano, rozzo e giovane, e quindi libero da lui e da ogni altro padrone, imprendibile, "altro"). Nei momenti di crisi della sua malattia (probabilmente cancro) Ivan Il'ič faceva venire in camera sua il ragazzo, e appoggiava sulle sue spalle le gambe: in quella posizione si sentiva meglio, e si illudeva di guarire. Son certo che il Manzoni provava la stessa sensazione redigendo la sezione romanzesca di Renzo.
_(da Descrizioni di descrizioni, Torino 1979)