Personaggi aristocratici
Gustavino, Fra Cristoforo e il nobile
Sono per lo più oggetto di una severa critica da parte dell'autore, che rimprovera ai nobili del Seicento (e, indirettamente, anche a quelli del suo secolo) di vivere in modo ozioso e improduttivo per la società, di essere ridicolmente attaccati a questioni di onore cavalleresco e, soprattutto, di compiere soprusi ai danni dei poveri per soddisfare i loro capricci, oppure per soddisfare puntigli legati al decoro aristocratico (è il caso del principe padre di Gertrude). Alcuni di loro sono figure storiche (Ferrer, don Gonzalo de Cordoba, il vicario di Provvisione...) e attraverso di essi il narratore rivolge un'aspra critica all'incuria e all'incapacità degli organi di governo del Ducato di Milano del XVII secolo, specie nei frangenti del tumulto di S. Martino e della peste, poiché molti di loro trascurano i loro doveri per occuparsi delle vicende della guerra di Mantova, nata da futili questioni dinastiche. Assai riuscito il ritratto del conte zio, membro influente del governo milanese e uomo pieno di ridicola boria, espressione tipica dei maneggi politici spesso rappresentati nel romanzo.