Il sogno di don Rodrigo
Fermo e Lucia, tomo IV, cap. 5
L'episodio mostra parecchie similitudini con l'inizio del cap. XXXIII dei "Promessi sposi", in cui don Rodrigo (a Milano, di ritorno da una serata con gli amici) avverte i primi sintomi della peste e va a dormire in agitazione, facendo poi un sogno in cui il protagonista è fra Cristoforo. Rispetto alla redazione finale, tuttavia, in cui il frate rimane muto e si limita a puntare il dito contro il signorotto, qui Manzoni mette in bocca al cappuccino un lungo discorso di accusa al nobile, pieno di retorica predicatoria e alquanto lezioso, che non aggiunge nulla - anzi - alla drammaticità della scena. Ovviamente il discorso sparirà nelle edizioni successive e don Rodrigo si sveglierà di soprassalto nel tentativo di afferrare la mano del religioso, che gli ricorda il gesto del cap. VI durante lo scontro con lui.
Una sera, verso il mezzo d’Agosto, Don Rodrigo tornava alla sua casa in Milano, dove era sempre rimasto dal giorno che vi era tornato dalla villa [1] in forma di fuggitivo. A quella villa non voleva ricomparire se non in aspetto di vendicatore, e in modo da restituir con usura ai tangheri lo spavento, e l’umiliazione che gli avevan fatto provare: ma i tempi non erano mai stati propizj. [...] La sera di cui ora parliamo, tornava egli da uno stravizzo [2], nel quale con alcuni suoi degni amici aveva egli cercato di sommergere le malinconie e i terrori della peste. E siccome le idee di quella entravano per tutti i sensi, si trovavano accumulate nella mente, si associavano per forza ad ogni suo intendere, sicché non era possibile farne astrazione; in quelle idee stesse s’erano essi sforzati di trovare qualche soggetto d’ilarità. Avevano ricapitolate burlescamente le virtù di qualche loro amico defunto; e Don Rodrigo in ispecie aveva molto divertita la brigata con l’orazione funebre del conte Attilio. Si raccontavano o anche s’inventavano prodezze d’ogni genere compiute col favore della confusione, e dello spavento publico; si disegnavano nuove vittime; e la vile e impunita sfrenatezza si vantava anticipatamente dei nuovi trionfi che meditava. Tornando da tutta questa allegria, Don Rodrigo sentiva però una gravezza di tutte le membra, una difficoltà crescente nel camminare, una ansietà di respiro, una inquietudine, un grande abbattimento; ma cercava di attribuir tutto questo al sonno. Sentiva un’arsura interna, una noja, un peso degli abiti, ma cercava di attribuirlo alla stagione, ed al vino. Giunto a casa, chiamò il fedel Griso [3], uno dei pochi famigliari che gli erano rimasti, e gli comandò che gli facesse lume alla stanza dove sperava di finir tutto con un buon sonno. Il Griso vide la faccia del suo signore stravolta, d’un rosso infiammato e splendente, e gli occhi luccicanti; e si tenne lontano con una certa aria di sospetto; perché ogni mascalzone aveva in quel tempo dovuto farsi l’occhio medico. «Ho bevuto, ho bevuto», disse Don Rodrigo, che non potè non avvedersi di quell’atto e del pensiero nascosto; «siamo stati allegri: sto bene, benone, Griso: ho sonno: oh che sonno! Levami un po’ dinanzi quel lume che mi abbaglia. Diavolo, che quel lume mi dia tanto fastidio! Debb’essere quella vernaccia certamente, che te ne pare? eh Griso? Domani sarò vispo come un pesce». «Sicuro», disse il Griso tenendosi sempre discosto: «ma si corichi presto, che il dormire gli farà bene». «Hai ragione; ma sto bene ve’ Griso: levami quel lume dinanzi». Il Griso non se lo fece ripetere, e partì col lume, al momento che Don Rodrigo si gettava sul letto. Quando vi fu, la coltre [4] gli pareva un monte, e se la rigettò da dosso: sentiva un sopore come invincibile, e quando stava per assonnare, si risentiva come se un importuno venisse a scuoterlo per non lasciarlo dormire: il caldo cresceva, cresceva la smania, e il terrore rispinto ritornava più forte: così passò qualche ora. Finalmente, presso al mattino s’addormentò. E tosto gli parve di trovarsi in quella chiesa dei capuccini di Pescarenico, dinanzi alla quale, se vi ricorda, egli sogghignò in passando, nella sua gita al Conte del Sagrato [5]. Gli pareva d’essere innanzi innanzi nella chiesa, circondato e stretto da una gran folla; non sapeva come gli fosse venuto il pensiero di portarsi in quel luogo, e si rodeva contra se stesso. Guardava quei circostanti; erano sparuti e lividi, con gli occhi spenti, incavati, colle labbra pendenti, come insensati; e gli stavano addosso, e lo stringevano, quasi col loro peso, e sopra tutto gli pareva che o con le gomita, o come che fosse lo premessero al lato sinistro al di sopra del cuore, dove sentiva una puntura spiacevole, dolorosa. Voleva dire: «largo canaglia», faceva atti di minaccia a coloro perché gli dessero passaggio ad uscire; ma quegli né parevano muoversi, né mutare sembianza, né risentirsi in alcun modo: stavano tuttavia come insensati. Alcuni su la faccia, su le spalle che nude uscivano dalle vesti lacere, mostravano macchie, e buboni [6]. Don Rodrigo si ristringeva in sé, ritirava le mani, le membra, per non toccare quei corpi pestilenti; ma ad ogni movimento incappava in qualche membro infetto. E non vedendo la via d’uscire, strepitava, ansava, l’affanno l’avrebbe destato; quand’ecco gli parve che tutti gli occhi si volgessero alla parte della chiesa dov’era il pulpito: guatò [7] anch’egli, e vide spuntare in su dal parapetto, un non so che di liscio e lucido; poi alzarsi e comparir più distinto un cocuzzolo calvo, poi due occhi, una faccia, una barba lunga e bianca, un frate ritto ed alto: era Fra Cristoforo. Tanto più Don Rodrigo avrebbe voluto fuggire; ma la folla degli incantati era fitta ed immobile. Gli parve allora che il frate girando gli occhj su l’uditorio senza fermarli sopra di lui, sclamasse ad alta voce: «Per li nostri peccati, la fame! Per li nostri peccati, la guerra! Per li nostri peccati, la peste! La peste! Povera gente! ella vi rode tutti, dal primo fino all’ultimo: tutti avete i segni della morte in volto: beati quelli fra voi che sono preparati a riceverla. Ma...» e qui pareva a Don Rodrigo che il frate ristesse, come sopraffatto da un pensiero repentino e profondo: ed egli stava ansioso attendendo. Gli pareva che gli uditori non facessero pur vista di scuotersi, e che il frate tutto ad un tratto, guardando a lui, e come ravvisandolo, fermandolo col guardo e con la mano alzata, come un bracco sopra una pernice, dicesse ad alta voce: «Tu sei quell’uomo! Or ci sei giunto; ascolta. Quanto ti sarebbe costato il rinunziare a quel capriccio infame? Torna indietro con la mente e dillo. Un picciolo pensiero di pietà; ma tu non hai voluto. Tu hai messo da una parte su la bilancia l’angoscia, l’obbrobrio, il crepacuore, il terrore, d’un’anima innocente; hai pesato; e hai detto — non è niente: pesa più il mio capriccio —. Ora le bilance sono rivolte: l’angoscia si versa sopra di te: prova se è niente». A queste parole Don Rodrigo, voleva gridare, nascondersi, fuggire, e si destò spaventato. Stette un momento a ravvisarsi [8]; vide che era un sogno; ma aprendo gli occhi sentì ancor più vivo il ribrezzo e il dolore della luce; forzandosi di guardare intorno, vide il letto, le scranne [9], i travicelli della soffitta confondersi in forme strane; sentì nelle orecchie un ronzio nojoso e violento, al cuore un battito accelerato, affannoso; si sentì più spossato e più arso che alla sera antecedente, sentì più viva quella puntura che aveva provata in sogno; esitò qualche tempo, senza osare di vedere che fosse; finalmente sorse a sedere, scoperse tremando la parte dogliosa, cercò di fissarvi lo sguardo, e a stento, ma con qual raccapriccio Dio ’l sa, scorse un sozzo gavocciolo [10], d’un livido pavonazzo; il segnale manifesto del contagio. |
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Note
- Si tratta del palazzotto vicino al paese di Renzo e Lucia, da lui usato come residenza di campagna.
- Stravizio, serata di bagordi.
- Nei Promessi sposi, invece, il Griso lo accompagna per strada (e la cosa è certo più credibile).
- La coperta.
- Nel passo precedente in cui si era recato dal Conte del Sagrato (II, 8) don Rodrigo era passato vicino al convento di Pescarenico e aveva riso in cuor suo del fatto che il fra Cristoforo sarebbe stato presto allontanato da lì, grazie agli intrighi del conte Attilio.
- Forma meno comune di bubboni.
- Guardò (forma del toscano letterario).
- Impiegò un certo tempo a capire, a tornare in sé.
- Le sedie.
- Bubbone, rigonfiamento.