Perpetua
F. Gonin, Perpetua e don Abbondio
È la domestica di don Abbondio, ovvero una donna di mezza età che, avendo passati i quarant'anni (età stabilita dai Sinodi come quella minima per vivere in casa di un sacerdote) ed essendo rimasta nubile, accudisce il curato alloggiando nella sua abitazione: il suo nome proprio è poi diventato, per antonomasia, il nome comune che sino agli anni Cinquanta del XX secolo ha designato la domestica del sacerdote. Compare nel cap. I, quando il curato torna a casa in seguito all'incontro coi bravi, ed è descritta come una donna decisa ed energica, alquanto incline al pettegolezzo (è il motivo per cui don Abbondio è inizialmente restio a rivelarle il ricatto subìto) e dalla battuta salace, per cui rimprovera spesso al curato la sua debolezza e viltà. Ha un carattere spigoloso e sfoga di frequente il suo malumore con il padrone, del quale subisce peraltro "il brontolìo e le fantasticaggini" e con cui ha comunque un rapporto basato su una sorta di ruvido affetto ricambiato (sicuramente è il personaggio che meglio conosce il carattere e l'indole di don Abbondio). È un personaggio di secondaria importanza, protagonista soprattutto di duetti comici con il curato, anche se ha un ruolo decisivo nella vicenda in quanto è lei a far capire a Renzo la verità sul matrimonio rimandato (II); la sua indole ciarliera verrà poi sfruttata da Agnese, che la distrarrà la notte del "matrimonio a sorpresa" (VIII) con chiacchiere riguardanti il fatto che è rimasta zitella. La sua morte a causa della peste è rivelata dal curato a Renzo (XXXIII). Curiosamente, nel Fermo e Lucia era inizialmente chiamata Vittoria (I, 1), per poi diventare Perpetua (I, 6) come nella versione definitiva.
Questi i capitoli in cui compare:
Questi i capitoli in cui compare:
Accoglie don Abbondio di ritorno dalla passeggiata e reduce dall'incontro coi bravi. Induce il curato a rivelarle tutto e gli consiglia di informare con una lettera il cardinal Borromeo. Promette a don Abbondio di mantenere il segreto.
Durante un colloquio con Renzo, si lascia sfuggire inavvertitamente che la causa del matrimonio rimandato è un "prepotente". In seguito giura e spergiura con don Abbondio di non aver parlato. Informa la gente del paese che il curato ha la febbre. Si affaccia da una finestra della casa di don Abbondio, quando a tarda sera bussa Tonio. Lo rimprovera per l'ora inopportuna, poi gli dice di aspettare mentre lei andrà dal curato a chiedergli se può riceverlo. Informa don Abbondio dell'arrivo di Tonio, quindi risponde in modo stizzito alla domanda del curato se si sia accertata della sua identità. Uscendo di casa incontra Agnese, che la distrae con chiacchiere e pettegolezzi relativi ai suoi matrimoni andati a monte in gioventù. Tenta poi di tornare indietro a chiudere l'uscio, trattenuta da Agnese con altre chiacchiere, finché non si sente il grido di don Abbondio e, subito dopo, lo scampanio. Torna alla casa da cui vede uscire prima Tonio e Gervaso, poi Renzo e Lucia che accusa con parole minacciose. Raggiunge don Abbondio che, in seguito, la rimprovera per averlo lasciato solo durante il "matrimonio a sorpresa". Nonostante le raccomandazioni di don Abbondio perché non parli, rivela a molti in paese il tentativo di "matrimonio a sorpesa" tentato da Renzo e Lucia la notte precedente. Lascia il paese per sfuggire ai lanzichenecchi e si reca insieme a don Abbondio e Agnese al castello dell'innominato. È ospite, assieme al curato e alla donna, del sarto e della sua famiglia. Si rifugia assieme a don Abbondio e Agnese nel castello dell'innominato, dove rimane meno di un mese. Tornata al paese, trova la casa di don Abbondio devastata dai lanzichenecchi e viene accusata dal curato di non aver nascosto bene il denaro. Scopre grazie a chiacchiere coi vicini che molti oggetti sono stati rubati da compaesani e spinge don Abbondio a farseli restituire, senza successo. Don Abbondio informa Renzo che è morta di peste. |