Il passante di Milano
F. Gonin, Il passante e Renzo
Compare nel cap. XXXIV, durante il secondo viaggio di Renzo a Milano durante la peste, ed è un cittadino cui il giovane si rivolge nella speranza di avere un'indicazione: Renzo gli si avvicina e si toglie rispettosamente il cappello, mettendo la mano destra all'interno del copricapo, gesto che l'altro equivoca scambiando il montanaro per un untore che sta per gettargli addosso un intruglio venefico. Il passante fa un passo indietro e punta un bastone acuminato contro Renzo gridandogli di allontanarsi, cosa che il giovane fa senza pensarci un attimo e senza capire la motivazione di tale comportamento. L'uomo torna a casa e racconta la disavventura che crede di aver vissuto, dicendo di aver incontrato un untore che intendeva gettargli addosso dell'unguento o della polvere e che lui si è salvato per miracolo; purtroppo, dice, era una zona isolata e non ha potuto chiamar gente, altrimenti l'untore sarebbe stato certamente linciato. L'uomo, osserva l'autore, vivrà ancora molti anni e racconterà spesso l'episodio, citandolo come prova inconfutabile dell'esistenza degli untori. Attraverso la sua figura Manzoni indica la facilità con cui un'assurda diceria può diffondersi tra la gente, come dimostra l'uomo il quale è certo di aver incontrato un untore pur non avendo visto in realtà nulla di sospetto ("quelli che sostengono ancora che non era vero, non lo vengano a dire a me; perché le cose bisogna averle viste").