Le Odi civili
A. Appiani, Napoleone re d'Italia (1805)
Sono una serie di componimenti poetici di argomento politico e patriottico, composti da Manzoni negli anni seguenti la conversione (1814-1821) e ispirati a vari temi relativi alle vicende risorgimentali italiane e, più in generale, europee: in Aprile 1814 esprime l'entusiasmo per la caduta di Napoleone e per la cacciata dei Francesi dall'Italia, mentre nel Proclama di Rimini (aprile 1815) sostiene l'iniziativa di G. Murat, che in un proclama incitava gli Italiani alla lotta per l'indipendenza nazionale (si tratta di opere scritte di getto, sulla spinta degli avvenimenti politici di quegli anni). Molto interessante, poi, Marzo 1821, risalente ai mesi in cui sembrava imminente un intervento militare di Carlo Alberto (reggente di Sardegna) in Lombardia per sostenere i moti carbonari contro gli Austriaci, cosa che in realtà non avvenne a causa dell'abdicazione del sovrano: Manzoni immagina che i soldati piemontesi abbiano già varcato il Ticino, che segna il confine tra il regno di Sardegna e il Lombardo-Veneto, e si siano ormai uniti ai liberali lombardi nella lotta contro il comune nemico straniero; l'ode è dedicata a Teodoro Körner, un patriota tedesco caduto in battaglia contro Napoleone e simbolo per l'autore dell'amor patrio che porta all'estremo sacrificio in nome di una causa giusta come l'indipendenza nazionale. Il testo non venne pubblicato a causa della censura, tuttavia circolò manoscritto in forma clandestina e venne dato alle stampe solo nel 1848 (la forma metrica, ovvero ottave di decasillabi, è analoga a quella del coro del Conte di Carmagnola sulla battaglia di Maclodio). Alcuni passi del testo verranno ripresi da G. Berchet nel Giuramento di Pontida (1829), che ha in comune con l'ode manzoniana anche la veste metrica.
Tra le Odi civili spicca soprattutto il Cinque maggio, il componimento dedicato alla morte di Napoleone Bonaparte che l'autore apprese il 17 luglio 1821 leggendone sulla "Gazzetta di Milano" e restandone a tal punto turbato che, secondo alcune testimonianze, svenne: compose il testo nei tre-quattro giorni seguenti e l'ode, bloccata dalla censura austriaca, circolò comunque in forma clandestina riscuotendo grande successo anche fuori d'Italia, tanto che già nel 1822 venne tradotta in tedesco da Goethe (tuttora è uno dei testi poetici italiani più noti dell'Ottocento). Manzoni traccia una sorta di bilancio della vita del grande condottiero, rinunciando però in modo programmatico ad esprimere un giudizio morale sulla sua azione politica ("Ai posteri / l'ardua sentenza") e riconoscendone la grandezza in quanto Napoleone ha operato una sintesi tra il Settecento, secolo dell'assolutismo e dell'ancien régime, e l'Ottocento, secolo dell'ascesa della borghesia. L'autore rivendica anche con orgoglio di non essersi unito al coro degli scrittori che lodarono o attaccarono Napoleone quando questi era in vita, mentre ora il suo "genio" poetico scioglierà "all'urna" (cioè al sepolcro del grande personaggio) un canto che forse "non morrà": dopo questa prima parte in cui, tra l'altro, la morte di Napoleone è presentata come una notizia che lascia attonito e sconvolto il mondo intero, Manzoni descrive sinteticamente la sua vicenda personale e umana di personaggio che, partito da umilissime origini, riesce a raggiungere mete impensabili e poi cade nella polvere, costretto a trascorrere gli ultimi anni di vita nel triste esilio di Sant'Elena. Qui l'ex-imperatore trova conforto nella fede religiosa e nella conversione, di cui alcuni giornali avevano riportato notizie (è incerto quanto fossero attendibili) e che Manzoni aveva letto nei mesi precedenti, dunque la vicenda di Napoleone è descritta in modo analogo a quella di altre figure manzoniane, come il conte di Carmagnola o l'innominato del romanzo, ovvero come l'ascesa e poi il declino di un grande personaggio che alla fine della sua vita trova conforto nella religione e nella speranza della vita eterna, lasciando i rimpianti per quella gloria terrena che è nulla a paragone di quella di Dio. L'ode è formata da 18 strofe di sei settenari ciascuna, di cui il primo, il terzo, il quinto sdruccioli, il secondo e il quarto piani e in rima fra loro, l'ultimo tronco e in rima con altri versi finali di altre strofe; ne risulta un ritmo facile e cantabile, analogo a quello di altre liriche patriottiche del primo Ottocento e alla tradizione della poesia di ispirazione classica del Settecento. L'inizio del componimento ("Ei fu") è rimasto giustamente famoso e viene spesso citato per alludere all'improvvisa scomparsa di un personaggio di rilievo, anche in senso metaforico.
Tra le Odi civili spicca soprattutto il Cinque maggio, il componimento dedicato alla morte di Napoleone Bonaparte che l'autore apprese il 17 luglio 1821 leggendone sulla "Gazzetta di Milano" e restandone a tal punto turbato che, secondo alcune testimonianze, svenne: compose il testo nei tre-quattro giorni seguenti e l'ode, bloccata dalla censura austriaca, circolò comunque in forma clandestina riscuotendo grande successo anche fuori d'Italia, tanto che già nel 1822 venne tradotta in tedesco da Goethe (tuttora è uno dei testi poetici italiani più noti dell'Ottocento). Manzoni traccia una sorta di bilancio della vita del grande condottiero, rinunciando però in modo programmatico ad esprimere un giudizio morale sulla sua azione politica ("Ai posteri / l'ardua sentenza") e riconoscendone la grandezza in quanto Napoleone ha operato una sintesi tra il Settecento, secolo dell'assolutismo e dell'ancien régime, e l'Ottocento, secolo dell'ascesa della borghesia. L'autore rivendica anche con orgoglio di non essersi unito al coro degli scrittori che lodarono o attaccarono Napoleone quando questi era in vita, mentre ora il suo "genio" poetico scioglierà "all'urna" (cioè al sepolcro del grande personaggio) un canto che forse "non morrà": dopo questa prima parte in cui, tra l'altro, la morte di Napoleone è presentata come una notizia che lascia attonito e sconvolto il mondo intero, Manzoni descrive sinteticamente la sua vicenda personale e umana di personaggio che, partito da umilissime origini, riesce a raggiungere mete impensabili e poi cade nella polvere, costretto a trascorrere gli ultimi anni di vita nel triste esilio di Sant'Elena. Qui l'ex-imperatore trova conforto nella fede religiosa e nella conversione, di cui alcuni giornali avevano riportato notizie (è incerto quanto fossero attendibili) e che Manzoni aveva letto nei mesi precedenti, dunque la vicenda di Napoleone è descritta in modo analogo a quella di altre figure manzoniane, come il conte di Carmagnola o l'innominato del romanzo, ovvero come l'ascesa e poi il declino di un grande personaggio che alla fine della sua vita trova conforto nella religione e nella speranza della vita eterna, lasciando i rimpianti per quella gloria terrena che è nulla a paragone di quella di Dio. L'ode è formata da 18 strofe di sei settenari ciascuna, di cui il primo, il terzo, il quinto sdruccioli, il secondo e il quarto piani e in rima fra loro, l'ultimo tronco e in rima con altri versi finali di altre strofe; ne risulta un ritmo facile e cantabile, analogo a quello di altre liriche patriottiche del primo Ottocento e alla tradizione della poesia di ispirazione classica del Settecento. L'inizio del componimento ("Ei fu") è rimasto giustamente famoso e viene spesso citato per alludere all'improvvisa scomparsa di un personaggio di rilievo, anche in senso metaforico.