Gertrude, la monaca di Monza

F. Gonin, Ritratto di Gertrude
È la monaca del convento di Monza dove si rifugiano Agnese e Lucia in seguito alla fuga dal paese e al fallito tentativo di rapire la giovane da parte di don Rodrigo: detta anche la "Signora", viene introdotta nel cap. IX ed è presentata come la figlia di un ricco ed influente principe di Milano, la quale grazie alle sue nobili origini gode di grande prestigio e di una certa libertà all'interno del convento (è il padre guardiano del convento dei cappuccini di Monza, cui le due donne si sono rivolte su suggerimento di padre Cristoforo, a condurre Agnese e Lucia da lei e a ottenere per loro la protezione della "Signora"). Il personaggio è chiaramente ispirato alla figura storica di Marianna de Leyva (1575-1650), figlia di Martino conte di Monza e costretta a farsi monaca dal padre contro la sua volontà: entrata in convento tra le umiliate col nome di suor Virginia Maria (1591), esercitò in seguito l'autorità feudale come contessa di Monza e fu perciò chiamata la "Signora", mentre negli anni seguenti intrecciò una relazione con Gian Paolo Osio (l'Egidio del romanzo), un giovane scapestrato già colpevole di assassinio dal quale ebbe due figli (nel 1602 e 1603). Per tenere segreta la relazione l'Osio si macchiò di tre nuovi delitti, ma venne arrestato e ciò permise al cardinal Borromeo di scoprire la tresca, che fu confermata dalla stessa De Leyva. L'Osio fu condannato a morte in contumacia (1608) e venne poi ucciso in casa di un presunto amico che lo tradì, mentre la donna subì un processo canonico (1607) e venne rinchiusa nella casa delle penitenti in Santa Valeria a Milano, dove visse gli ultimi anni espiando le sue colpe e auto-infliggendosi crudeli penitenze, fino a morire in odore di santità.
Manzoni modifica in parte la vicenda storica e la adatta alle esigenze narrative del romanzo, anche se rivela fin dall'inizio la storicità del personaggio: la Gertrude dei Promessi sposi è detta figlia di un gentiluomo milanese il cui casato non è dichiarato in modo esplicito, anche se la città dove sorge il convento è Monza (ciò in contrasto con la "circospezione" dell'anonimo, il quale nella finzione indica il luogo con i consueti asterischi). È presentata come una giovane di circa venticinque anni, dalla bellezza sfiorita e dal cui aspetto traspare qualcosa di torbido e di morboso, unitamente al fatto che il suo abbigliamento non si conforma perfettamente alla regola monastica (la tonaca è attillata in vita come un vestito laico e la donna porta i capelli neri ancora lunghi sotto il velo, mentre dovrebbe in realtà averli corti). Il padre guardiano dei cappuccini presenta Agnese e Lucia alla monaca (IX), la quale accetta di ospitare nel convento la ragazza e la madre, che alloggeranno nella stanza lasciata libera dalla figlia maritata della fattoressa e svolgeranno i servizi di cui si occupava la ragazza; in seguito si apparta con Lucia e mostra una curiosità morbosa per la sua vicenda, obbligandola a rivelare più precisi dettagli sulla persecuzione subìta da don Rodrigo e sul suo rapporto con Renzo. L'eccessiva libertà con cui Gertrude parla alla giovane suscita il suo stupore e Agnese, alla quale Lucia confiderà in seguito la sua perplessità, concluderà col suo buon senso di popolana che i nobili "hanno tutti un po' del matto" (X), invitando la figlia a non dare troppo peso alla cosa.
La storia passata di Gertrude è narrata dall'autore con un ampio flashback, che occupa gran parte dei capp. IX-X e descrive la sua vicenda come esemplare dei soprusi che spesso nelle famiglie aristocratiche venivano esercitati sui membri più deboli: il principe padre di Gertrude, nobile milanese e feudatario di Monza, aveva deciso il destino della figlia prima ancora che nascesse, ovvero aveva stabilito che si facesse monaca per non intaccare il patrimonio di famiglia, destinato interamente al primogenito. Dunque la piccola Gertrude viene educata fin da bambina inculcandole nella testa l'idea del chiostro (le vengono regalate bambole vestite da monaca, viene spesso paragonata a una "madre badessa"...), finché a sei anni viene mandata in convento per essere educata come molte sue coetanee. All'inizio la ragazza è allettata all'idea di diventare un giorno la madre superiora del monastero, ma nell'adolescenza inizia a rendersi conto che non è quella la vita che si attende e, soprattutto, che vorrebbe anche lei sposarsi e avere un'esistenza nel mondo come tutte le sue compagne. Decide allora di scrivere una lettera al padre, per comunicargli di non voler dare il suo assenso alla monacazione, ma quando rientra a casa per trascorrere un periodo di un mese fuori dal convento (come prescritto dalla regola canonica per le monacande), è accolta con freddezza da tutti i suoi familiari e posta in una sorta di isolamento che ha il fine di forzarla ad accettare di prendere il velo. La giovane Gertrude un giorno scrive un biglietto per un paggio verso cui nutre un'innocente passione, ma la carta viene intercettata da una cameriera e finisce nelle mani del padre, il quale è abile nel servirsi di questo "fallo" della ragazza per farla sentire terribilmente in colpa e forzarla a dare il suo assenso, cosa che la poverina è indotta a fare per debolezza, senso di colpa, sottomissione all'autorità del padre. Da quel momento Gertrude è indotta in ogni modo dalla famiglia ad affrettare i passi che la condurranno alla monacazione, supera il colloquio col vicario delle monache che deve esaminarla per accertare la sincerità della sua vocazione e, alla fine, prende il velo iniziando il suo noviziato nello stesso convento in cui era stata educata, godendo di ampi privilegi e venendo trattata con rispetto e considerazione come se fosse lei la badessa (carica che non può ancora esercitare per la sua giovane età).
In seguito Gertrude diventa la maestra delle educande e sfoga su queste ragazze il malanimo e l'insofferenza per il destino che le è stato imposto, tiranneggiandole e diventando talvolta la loro confidente e la complice delle loro beffe; nei confronti delle altre monache prova un profondo astio, specie per quelle che a suo tempo sono state complici del padre nel costringerla ad accettare il velo. Gertrude vive in un quartiere isolato del chiostro e questo è contiguo ad una casa laica, dove vive un giovane scapestrato di nome Egidio: questi un giorno osa rivolgere il discorso alla monaca e Gertrude risponde, iniziando in seguito con lui una torbida relazione sessuale che l'autore riassume in modo molto sintetico, accennando per sommi capi anche alla sparizione di una conversa che aveva scoperto il suo segreto e che, verosimilmente, è stata assassinata da Egidio con la complicità di Gertrude (l'episodio era invece narrato con abbondanza di particolari nel Fermo e Lucia: cfr. i brani Geltrude ed Egidio, L'uccisione della suora). Quando Lucia e Agnese entrano nel convento è trascorso circa un anno da questo avvenimento, e in seguito Gertrude sembra affezionarsi sinceramente alla giovane e prendersi a cuore il suo caso, offrendo dunque una protezione sicura dalla persecuzione di don Rodrigo. Il signorotto riesce tuttavia a scoprire il nascondiglio della ragazza (XVIII) e in seguito chiede l'intervento dell'innominato (XX), il quale si rivolge a sua volta proprio a Egidio che è suo compagno di scelleratezze: questi induce Gertrude a fare uscire Lucia dal convento con un pretesto, affinché i bravi dell'innominato possano rapirla e condurla al castello del potente bandito, e la monaca obbedisce anche se la proposta le sembra spaventosa e l'idea di causare danni alla ragazza le riesce intollerabile. In seguito (XXXVII) Lucia apprenderà dalla mercantessa più precisi dettagli sulla storia di Gertrude, in particolare saprà che la donna è stata accusata di atroci delitti e rinchiusa su ordine del cardinal Borromeo in un monastero a Milano, dove conduce una vita di volontari patimenti e sofferenze rispetto alla quale solo la morte potrebbe essere peggiore.
Manzoni tratteggia una figura tragicamente solenne e fa di Gertrude uno dei personaggi più affascinanti del romanzo, specie nel racconto dettagliato della sua storia precedente la monacazione in cui dà prova di grande finezza e introspezione psicologica, mentre nella vicenda della relazione con Egidio e del delitto della conversa il racconto è decisamente più reticente, in accordo alla poetica dell'autore che non vuole rappresentare il male in modo diretto o in modi che possano risultare affascinanti e seducenti per il lettore (celeberrima, sotto questo aspetto, la frase con cui è spiegato l'inizio della relazione con Egidio: "Costui... un giorno osò rivolgerle il discorso. La sventurata rispose"). La vicenda di Gertrude è anche esemplare del male insito nel mondo del potere e nella stessa condizione nobiliare, poiché l'imposizione del padre nasce da motivi che riguardano il decoro aristocratico e la necessità di lasciare intatto il patrimonio, mentre alla fine Gertrude è indotta ad accettare il velo pur di non perdere quegli stessi privilegi nobiliari a cui è in fondo attaccata (il rifiuto comporterebbe il ripudio da parte della famiglia e, dunque, l'ingresso in una condizione sociale inferiore, per cui la giovane avrebbe la possibilità di sottrarsi al suo destino ma vi si abbandona perché non ha la forza di ribellarsi alle convenzioni della sua classe sociale).
Per approfondire: S. Battaglia, La monaca di Monza personaggio moderno; A. Zottoli, La debolezza di Gertrude.
Manzoni modifica in parte la vicenda storica e la adatta alle esigenze narrative del romanzo, anche se rivela fin dall'inizio la storicità del personaggio: la Gertrude dei Promessi sposi è detta figlia di un gentiluomo milanese il cui casato non è dichiarato in modo esplicito, anche se la città dove sorge il convento è Monza (ciò in contrasto con la "circospezione" dell'anonimo, il quale nella finzione indica il luogo con i consueti asterischi). È presentata come una giovane di circa venticinque anni, dalla bellezza sfiorita e dal cui aspetto traspare qualcosa di torbido e di morboso, unitamente al fatto che il suo abbigliamento non si conforma perfettamente alla regola monastica (la tonaca è attillata in vita come un vestito laico e la donna porta i capelli neri ancora lunghi sotto il velo, mentre dovrebbe in realtà averli corti). Il padre guardiano dei cappuccini presenta Agnese e Lucia alla monaca (IX), la quale accetta di ospitare nel convento la ragazza e la madre, che alloggeranno nella stanza lasciata libera dalla figlia maritata della fattoressa e svolgeranno i servizi di cui si occupava la ragazza; in seguito si apparta con Lucia e mostra una curiosità morbosa per la sua vicenda, obbligandola a rivelare più precisi dettagli sulla persecuzione subìta da don Rodrigo e sul suo rapporto con Renzo. L'eccessiva libertà con cui Gertrude parla alla giovane suscita il suo stupore e Agnese, alla quale Lucia confiderà in seguito la sua perplessità, concluderà col suo buon senso di popolana che i nobili "hanno tutti un po' del matto" (X), invitando la figlia a non dare troppo peso alla cosa.
La storia passata di Gertrude è narrata dall'autore con un ampio flashback, che occupa gran parte dei capp. IX-X e descrive la sua vicenda come esemplare dei soprusi che spesso nelle famiglie aristocratiche venivano esercitati sui membri più deboli: il principe padre di Gertrude, nobile milanese e feudatario di Monza, aveva deciso il destino della figlia prima ancora che nascesse, ovvero aveva stabilito che si facesse monaca per non intaccare il patrimonio di famiglia, destinato interamente al primogenito. Dunque la piccola Gertrude viene educata fin da bambina inculcandole nella testa l'idea del chiostro (le vengono regalate bambole vestite da monaca, viene spesso paragonata a una "madre badessa"...), finché a sei anni viene mandata in convento per essere educata come molte sue coetanee. All'inizio la ragazza è allettata all'idea di diventare un giorno la madre superiora del monastero, ma nell'adolescenza inizia a rendersi conto che non è quella la vita che si attende e, soprattutto, che vorrebbe anche lei sposarsi e avere un'esistenza nel mondo come tutte le sue compagne. Decide allora di scrivere una lettera al padre, per comunicargli di non voler dare il suo assenso alla monacazione, ma quando rientra a casa per trascorrere un periodo di un mese fuori dal convento (come prescritto dalla regola canonica per le monacande), è accolta con freddezza da tutti i suoi familiari e posta in una sorta di isolamento che ha il fine di forzarla ad accettare di prendere il velo. La giovane Gertrude un giorno scrive un biglietto per un paggio verso cui nutre un'innocente passione, ma la carta viene intercettata da una cameriera e finisce nelle mani del padre, il quale è abile nel servirsi di questo "fallo" della ragazza per farla sentire terribilmente in colpa e forzarla a dare il suo assenso, cosa che la poverina è indotta a fare per debolezza, senso di colpa, sottomissione all'autorità del padre. Da quel momento Gertrude è indotta in ogni modo dalla famiglia ad affrettare i passi che la condurranno alla monacazione, supera il colloquio col vicario delle monache che deve esaminarla per accertare la sincerità della sua vocazione e, alla fine, prende il velo iniziando il suo noviziato nello stesso convento in cui era stata educata, godendo di ampi privilegi e venendo trattata con rispetto e considerazione come se fosse lei la badessa (carica che non può ancora esercitare per la sua giovane età).
In seguito Gertrude diventa la maestra delle educande e sfoga su queste ragazze il malanimo e l'insofferenza per il destino che le è stato imposto, tiranneggiandole e diventando talvolta la loro confidente e la complice delle loro beffe; nei confronti delle altre monache prova un profondo astio, specie per quelle che a suo tempo sono state complici del padre nel costringerla ad accettare il velo. Gertrude vive in un quartiere isolato del chiostro e questo è contiguo ad una casa laica, dove vive un giovane scapestrato di nome Egidio: questi un giorno osa rivolgere il discorso alla monaca e Gertrude risponde, iniziando in seguito con lui una torbida relazione sessuale che l'autore riassume in modo molto sintetico, accennando per sommi capi anche alla sparizione di una conversa che aveva scoperto il suo segreto e che, verosimilmente, è stata assassinata da Egidio con la complicità di Gertrude (l'episodio era invece narrato con abbondanza di particolari nel Fermo e Lucia: cfr. i brani Geltrude ed Egidio, L'uccisione della suora). Quando Lucia e Agnese entrano nel convento è trascorso circa un anno da questo avvenimento, e in seguito Gertrude sembra affezionarsi sinceramente alla giovane e prendersi a cuore il suo caso, offrendo dunque una protezione sicura dalla persecuzione di don Rodrigo. Il signorotto riesce tuttavia a scoprire il nascondiglio della ragazza (XVIII) e in seguito chiede l'intervento dell'innominato (XX), il quale si rivolge a sua volta proprio a Egidio che è suo compagno di scelleratezze: questi induce Gertrude a fare uscire Lucia dal convento con un pretesto, affinché i bravi dell'innominato possano rapirla e condurla al castello del potente bandito, e la monaca obbedisce anche se la proposta le sembra spaventosa e l'idea di causare danni alla ragazza le riesce intollerabile. In seguito (XXXVII) Lucia apprenderà dalla mercantessa più precisi dettagli sulla storia di Gertrude, in particolare saprà che la donna è stata accusata di atroci delitti e rinchiusa su ordine del cardinal Borromeo in un monastero a Milano, dove conduce una vita di volontari patimenti e sofferenze rispetto alla quale solo la morte potrebbe essere peggiore.
Manzoni tratteggia una figura tragicamente solenne e fa di Gertrude uno dei personaggi più affascinanti del romanzo, specie nel racconto dettagliato della sua storia precedente la monacazione in cui dà prova di grande finezza e introspezione psicologica, mentre nella vicenda della relazione con Egidio e del delitto della conversa il racconto è decisamente più reticente, in accordo alla poetica dell'autore che non vuole rappresentare il male in modo diretto o in modi che possano risultare affascinanti e seducenti per il lettore (celeberrima, sotto questo aspetto, la frase con cui è spiegato l'inizio della relazione con Egidio: "Costui... un giorno osò rivolgerle il discorso. La sventurata rispose"). La vicenda di Gertrude è anche esemplare del male insito nel mondo del potere e nella stessa condizione nobiliare, poiché l'imposizione del padre nasce da motivi che riguardano il decoro aristocratico e la necessità di lasciare intatto il patrimonio, mentre alla fine Gertrude è indotta ad accettare il velo pur di non perdere quegli stessi privilegi nobiliari a cui è in fondo attaccata (il rifiuto comporterebbe il ripudio da parte della famiglia e, dunque, l'ingresso in una condizione sociale inferiore, per cui la giovane avrebbe la possibilità di sottrarsi al suo destino ma vi si abbandona perché non ha la forza di ribellarsi alle convenzioni della sua classe sociale).
Per approfondire: S. Battaglia, La monaca di Monza personaggio moderno; A. Zottoli, La debolezza di Gertrude.