Il forno delle Grucce
F. Gonin, L'assalto al forno
È la bottega di Milano che viene assaltata dalla folla in tumulto il giorno di S. Martino del 1628, in occasione della sommossa scatenatasi a causa del rincaro del pane dopo la revoca del calmiere imposto da Ferrer: si trova in quella che allora si chiamava la Corsia dei Servi (oggi corso Vittorio Emanuele) e l'autore ci informa che ai suoi tempi aveva lo stesso nome, che in dialetto milanese suona "prestin di scansc" e che secondo lui è formato di "parole così eteroclite, così bisbetiche, così salvatiche, che l’alfabeto della lingua non ha i segni per indicarne il suono". Il nome "forno delle Grucce" è, secondo Manzoni, la traduzione del nome originale in toscano, ma in realtà la parola "scansc" non allude alle grucce dell'insegna come lui pensava, bensì alla nobile famiglia degli Scansi cui nel XVIII secolo apparteneva la bottega. Viene mostrato nel cap. XII, quando la folla ormai in tumulto accorre in massa per dare l'assalto e saccheggiare il pane, irritata per la revoca del calmiere che è stata decisa il giorno prima: i padroni della bottega si asserragliano all'interno e qualcuno corre ad avvertire il capitano di giustizia, che si precipita poco dopo con alcuni alabardieri tentando vanamente di dispendere i rivoltosi. L'ufficiale riesce a farsi aprire la porta e ad entrare nel forno, quindi tenta ancora di arringare la folla da una finestra ma viene colpito da una pietra e si ritira. In seguito la folla abbatte la porta ed entra nel forno, saccheggiando tutto ciò che riesce a portar via e sciupando una gran quantità di farina; i tumultuanti si abbandonano anche all'insensata distruzione della bottega, asportando varie suppellettili e attrezzi che vengono poi bruciati in un gran falò sulla piazza del duomo, in una sorta di bizzarro rito carnevalesco. All'assalto assiste anche Renzo, arrivato da poco in città, il quale si limita ad osservare le cose dall'esterno e non prende parte ai disordini, pensando in cuor suo che la distruzione dei forni non sia "una bella cosa".
Nel XIX secolo il forno venne rimesso a nuovo e il proprietario Ambrogio Valentini, grato allo scrittore per la celebrità che aveva dato alla bottega con il suo romanzo, gli inviò alla vigilia di Natale del 1870 un omaggio di dolci accompagnato da queste parole: "Ad Alessandro Manzoni / il celebre forno delle Grucce / di nuova vita ringiovanito / a grata testimonianza / il presente saggio / devotamente offre". Il Manzoni rispose: "Al forno delle Grucce / ricco oramai di nova fama propria / e non bisognoso di fasti genealogici / Alessandro Manzoni / solleticato voluttuosamente / con un vario e squisito saggio / nella gola e nella vanità / due passioni che crescono con gli anni / presenta i più vivi e sinceri ringraziamenti". L'autografo manzoniano venne a lungo conservato ed esposto nella bottega in un quadro, finché essa non venne chiusa definitivamente nel 1919 (in seguito la casa venne demolita).
Nel XIX secolo il forno venne rimesso a nuovo e il proprietario Ambrogio Valentini, grato allo scrittore per la celebrità che aveva dato alla bottega con il suo romanzo, gli inviò alla vigilia di Natale del 1870 un omaggio di dolci accompagnato da queste parole: "Ad Alessandro Manzoni / il celebre forno delle Grucce / di nuova vita ringiovanito / a grata testimonianza / il presente saggio / devotamente offre". Il Manzoni rispose: "Al forno delle Grucce / ricco oramai di nova fama propria / e non bisognoso di fasti genealogici / Alessandro Manzoni / solleticato voluttuosamente / con un vario e squisito saggio / nella gola e nella vanità / due passioni che crescono con gli anni / presenta i più vivi e sinceri ringraziamenti". L'autografo manzoniano venne a lungo conservato ed esposto nella bottega in un quadro, finché essa non venne chiusa definitivamente nel 1919 (in seguito la casa venne demolita).